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      Tale che delle cose passate si avevono a dolere di loro, che avevono con le cattive opere dato cagione alla guerra, e con le pessime nutritola, la quale si era spenta più per la benignità d'altri che per i meriti loro. Lessesi poi la formula dello accordo e della benedizione; alla quale il Papa aggiunse, fuori delle cose praticate e ferme che, se i Fiorentini volevono godere il frutto della benedizione, tenessero armate, di loro danari, quindici galee tutto quel tempo che il Turco combattesse il Regno. Dolfonsi assai gli oratori di questo peso, posto sopra allo accordo fatto; né poterono in alcuna parte, per alcuno mezzo o favore, e per alcuna doglienza, alleggerirlo. Ma tornati a Firenze, la Signoria, per fermare questa pace, mandò oratore al Papa messer Guidantonio Vespucci, che di poco tempo innanzi era tornato di Francia. Questi, per la sua prudenza, ridusse ogni cosa a termini sopportabili, e dal Pontefice molte grazie ottenne; il che fu segno di maggiore riconciliazione.
     
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      Avendo per tanto i Fiorentini ferme le loro cose con il Papa, ed essendo libera Siena e loro dalla paura del Re per la partita di Toscana del duca di Calavria, e seguendo la guerra de' Turchi, strinsono il Re, per ogni verso, alla restituzione delle loro castella le quali il duca di Calavria, partendosi, aveva lasciate nelle mani de' Sanesi. Donde che quel re dubitava che i Fiorentini, in tanta sua necessità, non si spiccassero da lui, e con il muovere guerra a' Sanesi gli impedissero gli aiuti che dal Papa e dagli altri Italiani sperava.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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