Il quale, come venne a notizia degli altri confederati, dispiacque assai, massimamente poi che e' viddono come a' Viniziani si avevono a restituire le terre tolte, e lasciare loro Rovigo e il Pulesine, ch'eglino avevono al marchese di Ferrara occupato, e appresso riavere tutte quelle preminenze che sopra quella città per antico avevono avute. E pareva a ciascuno di avere fatto una guerra dove si era speso assai e acquistato nel trattarla onore e nel finirla vergogna, poi che le terre prese si erano rendute, e non ricuperate le perdute. Ma furono constretti i collegati ad accettarla, per essere per le spese stracchi, e per non volere fare pruova più, per i difetti e ambizione d'altri, della fortuna loro.
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Mentre che in Lombardia le cose in tal forma si governavano, il Papa, mediante messer Lorenzo, strigneva Città di Castello per cacciarne Niccolò Vitelli, il quale dalla lega, per tirare il Papa alla voglia sua, era stato abbandonato; e nello strignere la terra, quelli che di dentro erano partigiani di Niccolò uscirono fuora, e venuti alle mani con li inimici li ruppono. Onde che il Papa rivocò il conte Girolamo di Lombardia, e fecelo venire a Roma, per instaurare le forze sue e ritornare a quella impresa; ma giudicando di poi che fusse meglio guadagnarsi messer Niccolò con la pace, che di nuovo assalirlo con la guerra, si accordò seco; e con messer Lorenzo suo avversario, in quel modo potette migliore, lo riconciliò. A che lo constrinse più un sospetto di nuovi tumulti che lo amore della pace, perché vedeva intra Colonnesi e Orsini destarsi maligni umori.
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