Era del mese di maggio, e la maggiore parte delli Italiani hanno per consuetudine di cenare di giorno. Pensorono i congiurati che l'ora commoda fusse, ad ammazzarlo, dopo la sua cena, nel qual tempo, cenando la sua famiglia, egli quasi restava in camera solo. Fatto questo pensiero, a quella ora deputata Francesco ne andò alle case del Conte, e lasciati i compagni nelle prime stanze, arrivato alla camera dove il Conte era, disse ad un suo cameriere che gli facesse intendere come gli voleva parlare. Fu Francesco intromesso, e trovato quello solo, dopo poche parole d'uno simulato ragionamento lo ammazzò; e chiamati i compagni, ancora il cameriere ammazzorono. Veniva a sorte il capitano della terra a parlare al Conte, e arrivato in sala con pochi dei suoi, fu ancora egli dagli ucciditori del Conte morto. Fatti questi omicidii, levato il romore grande, fu il capo del Conte fuori delle finestre gittato; e gridando Chiesa e Libertà, feciono armare tutto il popolo, il quale aveva in odio l'avarizia e crudeltà del Conte; e saccheggiate le sue case, la contessa Caterina e tutti i suoi figliuoli presono. Restava solo la fortezza a pigliarsi, volendo che questa loro impresa avesse felice fine. A che non volendo il castellano condescendere, pregorono la Contessa fusse contenta disporlo a darla. Il che ella promesse fare, quando eglino la lasciassero entrare in quella; e per pegno della fede ritenessero i suoi figliuoli. Credettono i congiurati alle sue parole, e permissonle l'entrarvi. La quale, come fu dentro, gli minacciò di morte e d'ogni qualità di supplizio in vendetta del marito; e minacciando quegli di ammazzargli i figliuoli, rispose come ella aveva seco il modo a rifarne degli altri.
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