Tanto che, a considerare in quello e la vita leggieri, voluttuosa e la grave, si vedeva in lui essere due persone diverse, quasi con impossibile coniunzione congiunte. Visse, negli ultimi tempi, pieno di affanni, causati dalla malattia che lo teneva maravigliosamente afflitto, perché era da intollerabili doglie di stomaco oppresso; le quali tanto lo strinsono che di aprile, nel 1492, morì, l'anno quarantaquattro della sua età. Né morì mai alcuno, non solamente in Firenze, ma in Italia, con tanta fama di prudenza, né che tanto alla sua patria dolesse. E come dalla sua morte ne dovesse nascere grandissime rovine ne mostrò il cielo molti evidentissimi segni: intra i quali, l'altissima sommità del tempio di Santa Reparata fu da uno fulmine con tanta furia percossa, che gran parte di quel pinnacolo rovinò, con stupore e maraviglia di ciascuno. Dolfonsi adunque della sua morte tutti i suoi cittadini e tutti i principi di Italia: di che ne feciono manifesti segni, perché non ne rimase alcuno che a Firenze, per suoi oratori, il dolore preso di tanto caso non significasse. Ma se quelli avessero cagione giusta di dolersi, lo dimostrò poco di poi lo effetto; perché, restata Italia priva del consiglio suo, non si trovò modo, per quegli che rimasono, né di empiere né di frenare l'ambizione di Lodovico Sforza, governatore del duca di Milano. Per la quale, subito morto Lorenzo cominciorono a nascere quegli cattivi semi i quali, non dopo molto tempo, non sendo vivo chi gli sapesse spegnere, rovinorono, e ancora rovinano, la Italia.
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