Io, nel breve tempo che mi son trattenuto in quella corte, mi son ingegnato di trattar con persone di diverse gerarchie, con la sola avvertenza di scerre di ciascheduna quelli che, o per ragione d'esperienza o di professione o d'impiego o d'animo disappassionato, ho creduto poter essere o i meglio informati o i più sinceri; eppure, o la verità in Inghilterra è diversa da se medesima o ella non è palese a veruno, tanto ho trovato discordi fra di loro i pareri delle cose presenti ed incompatibili i giudizi dell'avvenire.
Pure, a fine di non lasciare i ritratti delle persone che son per dipingere a V.S. sul fondo scuro della tela, farò come quei pittori i quali, per dar loro un po' di forza, vi fanno vicino un po' di veduta di camera o di paese, quanto serve per maggiormente spiccare, protestandomi che quanto m'ingegnerò di finire e di ritrovare i più minuti lineamenti de' volti, altrettanto mi converrà lasciar tutto il resto abbozzato o imperfetto.
Il re d'Inghilterra non è nel suo Regno quel che sono ordinariamente i re e i principi ne' loro stati; anzi, egli non è nemmeno quello che vien creduto essere eziandio da coloro che nell'intelligenza di quella monarchia intendono molto avanti. Egli non è altro co' suoi sudditi che fonte di grazie e d'onore; e benché apparentemente dalle leggi fondamentali del Regno non gli sia dato con sì gran tara il titolo di monarca, facendolo arbitro della pace e della guerra e lasciandoli tutto l'arbitrio di non voler per sé e di non voler ch'altri vogliano ciò che ei non vuole, nondimeno e nell'uno e nell'altro è costretto da una legge più forte (e tutta depende dalla violenza delle congiunture) a regolare con tal discreto avvedimento l'uso di questa sua sovranità, che non può dirsi che ella risegga interamente in lui, essendo per lo meno costretto a moderarla col freno della propria circospezione, senza poterne mai abbandonare il governo all'esigenza dell'interesse o al trasporto della passione.
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