Quello che sia per accadere al re quando quest'atto di comprensione sarà corso, è molto difficile a giudicarsi: prima, per esser cosa lontana e non potersi prevedere in quali congiunture egli sia per correre; e poi perché, dopo corso, in caos così confuso infinite cose possono nascere in un momento abili a farlo divenir vantaggioso o dannevole a questa o quella parte, contro ogni dritto di anticipata ragione. Certa cosa è che da principio il re vi troverebbe il suo conto, per l'immenso danaro che ne ritrarrebbe: e se egli pigliasse la congiuntura d'una guerra desiderata dal Regno, dopo aver aùto dal parlamento grosse assegnazioni di danaro per mantenerla, onde si trovasse armato in sul mare, e nell'istesso tempo consentisse all'abolizione dei vescovi, incorporando e subito vendendo i beni delle chiese, facendo tutto questo, contro ogni espettazione de' suoi sudditi, succedere immediatamente la pace, è molto verisimile che egli si trovasse in uno stato tutto affatto diverso dal presente. E questo perché, dopo dispersa e impoverita la nobiltà da Enrico VIII, dopo scacciata la religion cattolica sotto la regina Elisabetta, dopo screditata e divenuta ludibrio dei grandi e degli infimi la religione episcopale, e dopo confuso e sconvolto tutto il Regno con la libertà di formar ciascuno nuove religioni a suo senno, non riman più altro braccio per la monarchia che la forza del danaro, la qual metta il re in stato di poter far senza il parlamento; da cui gli conviene al presente mendicare indegnamente il modo di sostener le guerre che egli intraprende, eziandio per l'avvantaggio de' proprii sudditi, i quali, paurosi non meno del proprio principe che de' nemici esteriori, l'armano a misura della necessità, e amano meglio di temer qualche cosa al di fuori che il non temer qualche cosa al di dentro.
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