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      Di qui è che al presente la massima del re d'Inghilterra non è l'esser generoso, non l'esser clemente, non savio, non giusto, ma l'esser ricco e l'esser in concetto di soldato e di bravo: il primo, per assicurarsi sulla forza, e il secondo per profittare del genio vano e superbo dei popoli, che non sanno disistimare né disamare un principe che gli abbiano in concetto di gran capitano.
      Un'altra cosa potrebbe megliorar lo stato del re, perché ell'è una di quelle che, perdendosi, l'ha indebolito. Questa è la religion cattolica, la quale non è dubbio che senza i consigli del cancelliere poteva al ritorno del re rimettersi in tale stato (con premere la libertà d'esercitarla, secondo l'intenzione che n'aveva il re) che al presente questo rimedio, che ancor è in erba, comincerebbe a dar colore di maturità. Ma secondo che il cancelliere tirato dall'interesse che egli trovava intero nel ristabilimento de' vescovi, pauroso di ricondurre per questo mezzo il Regno sotto l'obbedienza di Roma, e dall'altra parte invaghito d'una certa gloria d'aver piuttosto nel Regno un modello che una copia di religione, distolse la mente del re dall'esecuzione de' suoi buoni pensieri, il che gli fu facile, insinuandogli un terror panico di nuove rivolte e di nuove e più irremediabili inquietudini.
      Non è per questo che, essendosi egli accorto che quest'ombra di religione anglicana, in cambio di pigliar corpo andava sempre dileguandosi, non avesse opportunamente incominciato a voltarsele contro favorendo i presbiterani, per non vedersi crescere a ridosso un partito formidabile, senz'aver con esso alcun merito d'aver contribuito alcuna cosa, dal canto suo, all'accrescimento della sua grandezza.


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Relazioni di viaggio in Inghilterra Francia e Svezia
di Lorenzo Magalotti
pagine 427

   





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