Con tutto ciò non ha mai cento lire nello stipo, dando tutto a tutti che gli chieggono, pur che sian portughesi: così non ce n'è grande né piccolo, né prete né frate, né donnicciuola né marinaro, né barcaruolo di quella nazione che non viva, sin che ce n'è, a spese della regina. Un grande scolo per la sua borsa è don Francesco di Melose e la sua sorella. Questa venne a Londra per esser sua prima dama, benché, sorpresa da una debolezza di vista che s'avanza a gran passi all'intera cecità, non entrasse nemmeno in possesso della carica, ma si ritirasse in una casa particolare, dove sta tuttavia, occupata sempre in esercizi di pietà, senza veder mai nessuno, venendo rarissime volte, scusata dalla sua infermità, a veder la regina. Il fratello, che al presente si ritrova all'Aia e che verisimilmente, finita quell'ambasceria, ritornerà con l'istesso carattere a Londra, vive ed è vissuto, si può dire, da che egli uscì di Lisbona, in sulle braccia della regina, invaghita della vanità d'avere un imbasciadore di Portogallo alla corte d'Inghilterra; alla quale non avendo mai voluto accudire il conte di Castel Migliar, benché cugino di don Francesco, ella, seguendo il costume del suo genio ostinato, s'esibì di sostenerlo a sue spese e n'ebbe la grazia.
Per i servitori inglesi, riscosse che gli hanno le loro paghe non c'è da sperar altro: e quel che tocca gli effetti della protezione in qualche occorrenza, non vi sia né inglese né portughese che se l'aspetti, tanto è ella lontana dall'ingerirsi o da riscaldarsi per chi che sia, mercé dell'adombramento che le fanno ancora nell'animo le paure fittele dal cancelliere per levarle ogni animo dall'intraprendere alcuna cosa.
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