Il suo temperamento è maninconico e un poco eteroclito, e le sue applicazioni hanno dato campo a' suoi emoli di screditarlo col re, facendolo passare per filosofo: onde, toltone il divertimento della curiosità, non ha di lui grandissimo conto; e per verità i talenti nel politico non son maravigliosi.
<Ambasciatori alla corte.>
Don Antonio Messia de Tovar y Paz, conte di Molina, ambasciator cattolico alla corte d'Inghilterra, è un garbatissimo cavaliere per quel che risguarda l'affabilità, la gentilezza, la generosità e la cortesia; ma il suo mestiere non è quello di ministro, perché sebbene cerca di supplire con l'applicazione e con la diligenza a quel ch'ei non può arrivare con gl'avvantaggi d'un grande spirito e con una certa superiorità a' negozi, in ogni modo si richiederebbe qualche cosa di più, particolarmente in una corte dove, per lo scompartimento dell'autorità tra il prencipe e i sudditi, ci vorrebbe uno spirito operativo e rigiratore. Il suo mestiere è stato sempre in cose dell'azienda reale, e quando passò in Inghilterra partì da Brusselles dove esercitava la carica di veidore, la quale aveva tenuta già molti anni: anzi, l'unico motivo di mandarlo a Londra fu per avervi una persona accettata al re e grandemente benemerita di esso, atteso i rilevanti servizi che mediante l'imprestito di grosse somme di danaro aveva reso quando visse in Fiandra, non altrimente che in qualità di privato e di povero cavaliere.
È il conte piccolo di statura, pieno di vita e assai bianco in volto.
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