Per dare un saggio di questa sua appassionata parzialità, dirò a V.S. com'egli pretese di far passare per un esempio di rara moderazione del re tutta la condotta de' presenti negoziati, e per un contrassegno infallibile dell'intenzione di S.M. per la sussistenza della pace presente il vedere come egli restituisce la Franca Contea: "poiché", dic'egli, "se voi mi dite che il re fa la pace forzato dalla Lega, l'istessa Lega che promette la garanzia di questa pace gli sarà sempre contro quand'ei vorrà romper la guerra. Ora qual vantaggio troverebb'egli, poiché adesso o poi ha da aver tutto contro, nel render quello che ha di già nelle mani, per averlo a recuperare quando i difensori averanno aùto tempo, addottrinati da questa nuova esperienza, di mettersi in migliore stato?". Ma accanto accanto gli veniva dicendo che la condizione degli Spagnuoli era infelicissima, poiché il rilasciare al re le sue conquiste a titolo delle sue pretensioni era un avvalorarle con un atto autentico per tutto il resto delle province che si pretendono devolute, se non per lui, per il Delfino; e il domandar un atto di renunzia e di cessione per sicurezza del presente trattato era un pregiudicarsi in qualche modo, mentre di ciò che si chiede renunzia viene implicitamente a confessarsi qualche giusto titolo di pretensione. "Or vedete", diceva egli, "come questa pace, benché apparisca inpropria, non lascia d'esser onesta, mentre per essa il re acquista un paese considerabile, non ad altro titolo apparentemente che per dare una pace desiderata dall'Europa e implorata dai principi mediatori, senza che perciò si leghi le mani a proseguire un'altra volta i suoi disegni quando gli sia riuscito di separar la Lega; senza che mai in un'altra pace se gli abbia a computare ciò ch'egli ottiene in questa in parte di sodisfazione di quello ch'ei pretenderà allora, mentre adesso gli vien ceduto non ad altro titolo che a prezzo di questa pace".
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