Il mio camerata ed io non lo giudicammo de' migliori del Campani, ma sapendo che egli l'ha dato per squisito, bisogna confessare che l'aria d'Italia sia più pura e sia più favorevole all'osservazioni. Ci mostrò qualche bagattella di cose naturali che non val la pena di raccontarla, e finalmente una lucerna collo specchio parabolico, che tenendola dietro le spalle riverbera in gran lontananza il lume chiarissimo e sempre uniforme, onde per la comodità del leggere tutti questi letterati se ne sono provvisti, e i curatori della compagnia orientale ne hanno mandate quattro all'Indie, e l'ottonaio è arricchito. Tra diversi ritratti ch'egli ha in camera d'amici suoi v'è quello del conte di Guiche, il quale non potevo indurmi a credere che fosse d'esso tanto mi parve inferiore al concetto che la fama pubblica e le sue fortune m'avevano insinuato delle sue bellezze. La prima cosa: io lo credevo biondo ed egli è nero; credevo una mina gioviale e la trovo egualmente odiosa e funesta. Il colorito però delle carni è bello e gentile, gli occhi son la più bella, e la bocca la più brutta cosa che gli abbia, particolarmente il labbro di sotto, che sale tant'alto che vi riman dentro come incassato quello di sopra, di sottigliezza molto sproporzionata alla grossezza di quel di sotto.
Son poi stato alla commedia italiana, dove que' nostri sciaurati si son fatti con poco grandissim'onore, avendo regalato di confetture d'arance di Portogallo e di limonata tutte le dame del teatro. Hanno dunque, a proposito della commedia, introdotto sulla scena Arlechino giocolator di mano, il quale ha fatto comparire giocando su una tavola, prima, diverse scatole di confetture adornate galantemente di nastri, le quali, regalate a Isabella ed a Pularia, sono state da queste presentate ai primi palchetti di qua e di là dal teatro, i quali provvedutisene discretamente l'hanno fatte girare per tutti gli altri.
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