dell'istessa manifattura.
L'alcova apparisce tutta da alto a basso rivestita di specchi,
se non in quanto è adornata di pilastri di lapislazzero rabescatico' soliti fogliami d'oro, tutti ripieni di pavoni ed uccelli e altri
capricciosi lavori di filigrana d'argento; e di filigrana d'argentoancora son guarniti i torcieri, i manichi degli spazzolini di penne
e i braccioli delle seggiole, degli sgabelli, il piede del parafuoco,
che tutti son finti ancor essi di lapislazzero; i sederi e le spalliereson di velluto turchino ricamato d'argento, tirato con disegno
così simile alla filigrana che si scambia per essa. Di qui s'entranel gabinetto de' cristalli, de' quali, oltre la cornice del cammino
e alcuni sgabelloni, son carichi per di sopra e pieni per di dentrodue piccoli studioli di legno dorato, con le pareti de' fianchi e con
gli sportelli davanti di lastre di cristallo. Di questi non dico nulla,
perché V.S. sa quel che posson essere, tanto più che né il numeroné la qualità de' pezzi arriva di lunga mano quelli di Firenze,
credo; benché gli superino nel prezzo in cui sono tenuti e creduti,
stimandoli quattro milioni: dandomi ad intendere che il granduca
(anzi mezzo mezzo ce lo impegnai) darebbe tutti i suoi,
che a questo ragguaglio ne varrebbero dodici per quattro, cioè
per un milione e trecentomila scudi, non senza speranza di unabuona senseria per me.
L'ultima camera è la più debole, per un grand'armadionepieno di bazzecole ordinarissime, essendovi porcellane, cristalli
molt'ordinari e infino a buccheri rossi ed altre bagattelle: però
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Firenze
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