Pure in tanta penuria di che offerire, alcuna cosa ci somministra la finezza della nostra ossequiosa gratitudine. Questa si è la gioia con la quale sopportiamo la nostra povertà, mentre tutta ridonda in abbondanza di V. A.; la quale avendo già fatto suo quanto di nuovo, di buono e di grande si troverà mai nella ricchezza delle scienze, ha snervato in altrui ogni sforzo di corrisponderle. Tanto, e non più, siamo in grado di poter offerire all’A. V., alla quale pieni di riverenza e d’ossequio, supplicandola della sua continuata protezione, preghiamo da Dio somma prosperità e grandezza.
Di V. A. Serenissima
Firenze, lì 14 Luglio 1667.
Umilissimi Servitori
GLI ACCADEMICI DEL CIMENTO.
IL SAGGIATO SEGRETARIO.
PROEMIO
A’ LETTORI
Primogenita infra tutte le creature della divina sapienza fu senz’alcun dubbio l’Idea della verità, al cui disegno si tenne sì strettamente il maestro eterno nella fabbrica dell’universo, che niuna cosa venne a formare, la quale avesse in sé pur minima lega di falso. Ma l’uomo poscia, nella contemplazione di sì alta e di sì perfetta struttura, destando in sé una troppo mal misurata vaghezza di comprenderne l’ammirabile magistero, e di tutte ritrovar le misure e le proporzioni d’un sì bell’ordine, nel voler troppo altamente internarsi nel vero, venne a creare un numero indefinito di falsi. Né altra ne fu la cagione se non che, volendosi egli vestir quelle penne che la natura non volle dargli, forse per paura di non esser una volta da lui scoperta nella preparazione delle sue più stupende fatture, cominciò su quelle a levarsi; e tutto che oppresso dal peso del material corpo, facendo forza in su l’ali, per innalzarsi più alto che non conduce la scala delle sensibili cose, tentò quivi di fissarsi in un lume, che ricevuto negli occhi non è più quello, ma smontando s’intorbida e muta colore.
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