Ecco per qual maniera dall’umano ardimento provennero i primi semi delle false opinioni; dalle quali non è perciò che rimanga punto offuscata la chiarezza delle belle creature di Dio, o ch’elle restino per alcun modo viziate dal commercio di esse; imperciocché elle si rimangon tutte nell’ignoranza dell’uomo, dov’hanno la radice loro; mentre, adattando egli impropriamente le cagioni agli effetti, non toglie a questi o a quelle la verità del lor’essere, ma forma in sé medesimo dell’accoppiamento loro una falsa scienza. Non è però che la sovrana beneficenza di Dio, nell’atto ch’egli crea le nostr’anime, per avventura non lasci loro così a un tratto dare un’occhiata, per così dire, all’immenso tesoro della sua eterna sapienza, adornandole, come di preziose gemme, de’ primi lumi della verità: e ch’e’ sia ’l vero, noi le veggiamo delle notizie serbare in loro, che non potendole aver apprese di qua, forz’è pur dire ch’elle ce l’abbiano arrecate d’altronde. Ma egli accade bene per nostra sventura che queste gioie finissime, secondo che malamente s’attengono nelle legature dell’anima troppo tenera ancora, subito che ella cade nel terreno abitacolo, e si rinvolge in quel fango, escono di presente dalle lor commessure e s’intridono, onde non le vaglion più nulla, finatantoché per assiduità di sollecito studio non le vien fatto di ritornarle a’ lor luoghi. Or questo è appunto quello che l’anima va tentando nell’investigazione delle naturali cose; e a ciò bisogna confessare che non v’ha miglior mano di quella della geometria, la quale dando alla bella prima nel vero, ne libera in un subito da ogn’altro più incerto e faticoso rintracciamento.
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Dio Dio
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