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      Ma perché l’ordinario Pendolo a un sol filo in quella sua libertà di vagare (qualunque se ne sia la cagione) insensibilmente va traviando dalla prima sua gita, e verso ’l fine, secondo ch’ei s’avvicina alla quiete, il suo movimento non è più per un arco verticale, ma par fatto per una spirale ovata in cui più non possono distinguersi né noverarsi le vibrazioni, quindi è che, solamente a fine di fargli tener fino all’ultimo l’istesso cammino, si pensò d’appender la palla a un fil doppio, i capi del quale fusser legati ciascuno da per sé lontani per breve spazio ad un braccetto di metallo, come dimostra la settima figura. (7) Così attaccata la palla al filo per un suo oncinetto viene a tirarlo e distenderlo col proprio peso in un triangolo isocele; poiché trovandosi la palla libera sopra ’filo, quand’anche nella sua prima vibrazione lo formasse scaleno, in virtù del peso scorre subito al più infimo punto al quale ridur si possa, ed in esso poi si mantiene. Da questo triangolo adunque vien regolato il movimento del pendolo, mentre (sia lecito servirsi di questa similitudine) i fili che formano i lati di esso triangolo servono come di falsaredine alla palla, acciò non si butti sur una mano più che su l’altra, ma tenga sempre diritto il cammino per l’istess’arco. Vero è che non tutte quell’esperienze alle quali s’adopra il Pendolo richieggono l’istessa divisione di tempo, essendoché ad alcune basti uno spartimento assai grossolano, qual suole aversi con le più lunghe vibrazioni, ed altre vogliano uno sminuzzamento così sottile e fatto per vibrazioni così affoltate l’una all’altra e veloci, che a fatica l’occhio di chi le novera vi resiste.


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Saggi di naturali esperienze fatte nell'Accademia del Serenissimo Principe Leopoldo di Toscana e descritte dal Segretario di essa Accademia Lorenzo Magalotti
di Lorenzo Magalotti
pagine 165

   





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