Poiché i corpi solidi, come verbigrazia la ghiaia sarebbe, la rena e simiglievoli, o pure le macíe de’ sassi maggiori, nel far forza per muovergli anzi s’incastrano e stivansi insieme, congegnandosi per sì fatto modo mercé della scabrosità e irregolarità delle lor parti, e sì serrandosi in tutta la massa loro, ch’e’ s’attengono l’un l’altro e puntellansi, onde più duramente resistono alla forza che tenta smuovergli. Ma al contrario i liquori, forse per lo liscio sfuggevole o per la rotondità de’ lor minimi corpicelli o per altra figura ch’e’ s’abbiano inchinevole al moto, la qual mal posi e stia ’n bilico, via via che premuti sono, cedono per ogni verso e sparpagliansi, a guisa che noi veggiamo l’acque da ogni minimo bruscolo che sopra vi caggia dirompersi, e ritirandosi d’ogn’intorno fargli ala, per così dire, in ordinatissimi cerchi. E chi sa che da questo suo slegamento di parti non adivenga ch’ella di rado o non mai si fermi, anche ne’ suoi più appropriati ricetti, comeché alle volte si dipaia stagnante; ond’è ch’ogni venticello lieve l’increspi e l’agiti; e ne’ laghi eziandio che più fermi rassembrano, quantunque la vista non l’aggiunga, pur mobile è l’acqua, mentre la sua natura dispostissima al moto, come dicemmo, la rende obbedientissima a’ ciechi ondeggiamenti dell’aria la quale sopra di essa non posa per avventura giammai. E questo non è più proprio dell’acqua che degli altri liquori, ne’ quali tutti, secondo alcuni, si par mirabilmente questa forza dell’aria premente, in particolare quand’e’ son colti in luogo, che da una parte della loro superficie abbiano spazio voto o quasi voto in cui si possano ritirare.
| |
|