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      DELL’ARIA NE’ CORPI INFERIORI,
      RISCONTRATA NELLA NOSTRA ACCADEMIA
     
      Sia il vaso di cristallo (10) A, al di cui fondo B C forato in D sia annestata la canna D E due braccia lunga. Posi sopra il foro il bicchier quadro F, ed il vaso A si chiuda col coperchio G H parimente di cristallo. Questo abbia il beccuccio aperto H I, e sia forato in G, per dove passi il cannello K L aperto di sotto e di sopra, ed alto anch’egli due braccia o non minore d’un braccio e un quarto. Questo entri sì nel bicchiere ma non arrivi a toccargli il fondo, fermandolo in tale stato con mastice o altra mestura a fuoco nel foro G del coperchio. Tal mestura, se sarà fatta con polvere di matton pesto ridotta per lungo macinamento impalpabile e incorporata con trementina e pecegreca, sarà attissima a stuccar vetri per modo che l’aria di fuora ne resti esclusa. Con questa similmente si serri all’intorno dove incastra col vaso il suddetto coperchio, e chiusa con vescica l’inferior bocca E, per la superiore K s’incominci a mescere argentovivo infintanto che traboccando il bicchiere F ripiova sul fondo B C, e quindi pel foro D scenda a riempiere la canna ED, e finalmente tutto il vaso A, avendo l’aria il suo sfogo dal beccuccio aperto H I. Il quale, arrivando a traboccarne l’argento, si serri diligentemente con vescica in I, e si seguiti ad empiere tutto il cannello fino in K, e quivi ancora si faccia traboccare per un poco, acciocché nel chiudere la suddetta bocca punto d’aria non vi rimanga. Serrata questa, si fori l’altra vescica che serra la bocca E sotto il livello stagnante M N dell’argentovivo dove sta immersa la canna, che da quella si voterà il cannello di sopra K L ed il vaso A, rimanendo solamente pieno il bicchiere F e la parte O P della canna D E, che sarà un braccio e un quarto sopra il livello M N. Diasi (ciò fatto) l’ingresso all’aria con aprire o bucare la vescica I, che subito precipiterà il cilindro d’argento O P nel vaso inferiore, ed un altro Q R se ne solleverà dall’argento del bicchiere F dentro al cannello L K, uguale anch’egli al primo O P, e però d’altezza d’un braccio e un quarto; e questo non ricaderà infinattanto che aprendosi per di sopra in K, non cada l’aria di fuora sopra di esso giù per la canna K L.


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Saggi di naturali esperienze fatte nell'Accademia del Serenissimo Principe Leopoldo di Toscana e descritte dal Segretario di essa Accademia Lorenzo Magalotti
di Lorenzo Magalotti
pagine 165

   





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