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      Lo stesso appunto dicono accadere all’aria.
      Altri finalmente vollero vedere ciò che operasse la maggiore o minor dilatazione dell’aria serrata nello spazio A G H, facendone questa prova.
      Aggiunsero allo stesso vaso A B il beccuccio C D, nel quale fermata una bocchetta di metallo lavorata interiormente a vite, applicarono a quello una bocca di schizzatoio con sua madrevite corrispondente. Con questo dunque, ogni volta che si fece attrazione dell’aria A G H, attenuandosi la rimanente si vedde abbassare il livello I; e per lo contrario maggiormente strignendola con introduzione d’aria novella, il medesimo livello maggiormente innalzarsi.
      Lo stesso parimente accadde per vicinanza di fuoco o di ghiaccio; perché ogni volta che serrata la bocca C s’appressava esteriormente all’aria A G H il fuoco, l’argento saliva, e per esterno strofinamento di ghiaccio calava; quasi nello stesso modo che per le contrarie operazioni dello schizzatoio avveniva, si condensasse l’aria pel fuoco, e si dilatasse pel ghiaccio. Dalle quali cose tutte più verisimilmente: parve loro di poter credere, non dal peso assolutamente, ma ben si dalla compressione già cagionata dallo stesso peso nell’infime parti dell’aria derivare tal sostentamento de’ fluidi.
     
     
      ESPERIENZA
     
      PER RICONOSCERE SE L’ARIA VICINA ALLA SUPERFICIE TERRENA STIA COMPRESSA DAL PESO DELL’ARIA SUPERIORE, E SE POSTA NEL VOTO IN SUA LIBERTÀ, ANCORCHÉ NON ALTERATA DA NUOVO GRADO DI CALORE,
      SI DILATI IN MAGGIORE SPAZIO, E QUANTO
     
      L’ingegnosa osservazione fatta dal Roberval della vescichetta d’aria che si distende nel voto diede motivo ad alcuni di credere, dover esser determinato il segno, in fino al quale ha potenza di ricrescer l’aria posta in sua libertà. Quindi parea loro assai verisimile, che in un dato vaso si potesse assegnare uno spazio voto che bastasse all’intero ricrescimento d’una tal mole d’aria; onde tutte le altre moli che fossero di quella maggiori, come quelle che più ampio spazio richieggono per dilatarsi, dovessero più e più deprimere il cilindro dell’argentovivo sotto l’ordinaria altezza d’un braccio e un quarto; e per lo contrario tutte quelle che fosser minori, standovi (diremmo noi) troppo agiate, avessero a lasciar salire al solito suo confine l’argento.


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Saggi di naturali esperienze fatte nell'Accademia del Serenissimo Principe Leopoldo di Toscana e descritte dal Segretario di essa Accademia Lorenzo Magalotti
di Lorenzo Magalotti
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Roberval