La misura di tale spazio, ed in conseguenza della dilatazione dell’aria M C, si averà in questo modo.
Figuriamoci esser queste cose accadute nel vaso A B C, ove l’aria M C abbia ottenuta nello spazio A R la sua intera natural dilatazione. Si cerca quanto sia lo spazio M C occupato dall’aria naturalmente compressa, comparato allo spazio A R occupato[2] dalla medesima mole d’aria dilatata. Ciò si troverà con una semplicissima operazione di pesar l’acqua che capisce in M C e quella che capisce in A R. Trovisi, verbigrazia, esser quella a questa come 1 a 174. Lo stesso diremo dell’aria, e che ella nel dilatarsi occupi 173 spazzi, oltre quello ch’ell’occupa nello stato di sua natural compressione.
Sia noto come avendo replicata quest’esperienza più volte e in diversi tempi, non sempre c’è tornata la medesima proporzione. Poiché da principio che noi la facemmo con un’altra invenzione di vaso, benché l’operazione fosse simile a questa, la proporzione ci tornò come di 1 a 209. Poi essendoci serviti del presente strumento ci parve come di 1 a 182; e finalmente la terza volta, che anche ci parve di farla più esatta dell’altre, fu, come abbiamo messo di sopra nel racconto, come di 1 a 174. Non ci arreca già maraviglia questa diversità, considerando che facendosi l’esperienza sempre con diverse arie qual più e qual meno compressa secondo la stagione più calda o più fresca, sì come anche secondo i luoghi più alti o più bassi, è impossibile che si dilatino sempre a un modo, onde abbiano a mantenersi fisse le proporzioni medesime.
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Trovisi
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