ESPERIENZA
SIMILMENTE PROPOSTA PER RICONOSCERE SE, TOLTA LA PRESSIONE DELL’ARIA, I FLUIDI SOSTENUTI RICASCHINO, E SE RESA TORNINO A SOLLEVARSI
Sia la canna di cristallo (18) A B lunga intorno a due braccia, e verso la parte superiore A ermeticamente sigillata, sia tirato il beccuccio A C di tal sottigliezza che possa facilmente aprirsi spuntandolo con le dita, e con la stessa facilità richiudersi alla fiamma d’una candela. S’empia la canna d’argentovivo per la bocca B, la quale (sì come tutte l’altre bocche di canne e di vasi simili che servono a fare il voto) sia lavorata in modo con orlare o spianare il taglio de’ labbri, che si possa sicuramente chiudere con le dita. Sia in oltre il cannello D E lungo per l’appunto quanto la canna A B, serrato ancor egli in D, ed aperto in E non circolarmente, cioè a tondo, ma con tagliatura alquanto lunga, il quale pieno d’argentovivo si metta come spada nel suo fodero dentro la canna A B, larga in guisa che vi balli dentro. Serrata poi col dito la bocca B, si capovoltino le due canne, e al solito immerse nell’argento del vaso F G si lasci seguire il voto, il quale seguirà ugualmente in amendue le canne livellandosi l’argentovivo nell’una e nell’altra di esse in H. Si riserri allora col dito la bocca B della canna esteriore sotto ’l livello F G, onde l’argento B H più non comunichi con quel del vaso F G, ma la canna A B così chiusa serva (come nell’esperienza antecedente) di vaso al cannello interno D E, la di cui bocca E mercé del suo taglio obbliquo rimane aperta.
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