Sia la canna di cristallo (21) A B di qualunque grossezza e lunghezza, purché questa non sia minore d’un b. e ¼, serrata in A ed aperta con sottilissimo foro in B. S’empia d’argentovivo, e con la bocca volta allo ’ngiù s’appenda in aria a piombo. Si vedrà subito spicciar l’argento fuori di essa non a gocciole ma con zampillo continuato, finché ridotto in C alla solita altezza d’un b. ¼ resterà di versare.
ESPERIENZA
PROPOSTA PER FAR VEDERE PIÙ CHIARAMENTE, CHE DOVE MANCHI LA PRESSIONE DELL’ARIA, VIEN MENO IL SOSTENTAMENTO DE’ FLUIDI, IN QUALUNQUE ALTEZZA DI CANNA: E CHE TORNANDO LA MEDESIMA PRESSIONE, QUELLI TORNANO A SOLLEVARSI
Sia il vaso di cristallo (22) A B alto intorno a due terzi di braccio, col sottilissimo beccuccio B C aperto in C. S’empia d’argentovivo per la bocca A D tutta la palla G F B, acciò che di mano in mano che l’argento va livellandosi dentro al beccuccio con quel della palla, ne vada scacciando l’aria che vi si ritrova, finché arrivato in C si chiuda il beccuccio alla fiamma. Sia ancora il sottil cannello E F serrato in E e tagliato per lo traverso in F, alquanto minore dell’altezza interna del vaso A B. Questo per la strettezza del vano e per esser minore d’un b. e ¼ si potrà calare pieno d’argentovivo nell’aria del vaso A B, fino a tuffargli la bocca nell’argento G B senza versarsi. Tuffato ch’egli sarà, si riempia con acqua bollente il vaso A B facendolo traboccare; e poi sigillata la bocca A D con un girello di cristallo tagliato alla sua misura e forato nel mezzo sottilmente col trapano, si copra con vescica e leghisi strettamente.
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