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      Ma pure desiderando noi di cavare alcun frutto da questa esperienza, pensammo ad un altro vaso (38) come A B C, persuadendoci di poter con esso più facilmente ovviare così al trapelar dell’aria, come alla difficultà di muovere innanzi e ’ndietro il legnetto. S’empié dunque d’argentovivo il suddetto vaso per la bocca A, avendo prima serrata l’altra C, ed appoggiatala sul piumaccetto come nell’esperienza antedecente s’insegnò di fare. Indi legata intorno al legnetto la vescica A B C si tuffò quello sotto l’argento della bocca A (vedi figura XXXIX) sì che l’ambra venisse a posar in B sur un pezzetto di panno come l’altro attaccato al vetro. Messi poi sull’argento parecchi minuzzoli di paglia minutissimamente trita, si mandò giù la vescica legandola immediatamente sotto la rivolta della bocca A. Fatto il voto s’incominciò a scaldar l’ambra in sul panno con muover per di fuora in qua e ’n là il manico del legnetto, ed a presentarla quando si credea già calda or a questo or a quel minuzzolo, che nella caduta dell’argento rimanevano sparsi per la palla, ma non si vedde mai che alcuno ne venisse tirato.
      Avvertasi però che non è da starsene in conto alcuno a quest’esperienza, né da attribuire assolutamente tal effetto alla mancanza dell’aria, della quale in questo vaso ancora o poco o assai sempre ne penetrò; né mai sapemmo strigner in guisa le legature che ella per occultisime vie non vi trapelasse. Ciò forse avviene per lo moto che debbe farsi in quest’esperienza nel riscaldar l’ambra, essendo per così dire impossibile che in quello non s’allentino e prestino le legature, per lo meno di tanto quanto basta alla sottilissim’aria per penetrarvi.


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Saggi di naturali esperienze fatte nell'Accademia del Serenissimo Principe Leopoldo di Toscana e descritte dal Segretario di essa Accademia Lorenzo Magalotti
di Lorenzo Magalotti
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