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      È adunque il vaso (43) A B di cristallo la di cui bocca A C sporge in fuora con arrovesciatura piana. Tre dita è il vano di essa e quattro l’altezza del collo A D. Il diametro della palla D E è un terzo di braccio, e l’altezza della canna E B intorno a due braccia. Chiudesi l’inferior bocca B con vescica, e posatala sopr’un guancialetto di cuoio messo a galleggiare in su l’argento d’una catinella, s’incomincia ad empiere il vaso. Ma perché nel mescer l’argentovivo per la bocca A C (44) cadendo dirottamente giù per la canna rimarrebbe presa gran copia d’aria tra l’interna parete di essa e l’argento medesimo, per ciò s’adopra il sottilissimo imbuto A B C (45) parimente di cristallo, ed alto quanto tutto il vaso; avvertendo a mantener sempre pieno il suo corpo A B, acciocché il collo B C non abbia mai a riempiersi d’aria. Così vien a crescer nel vaso placidamente l’argento scacciandone[5] a mano a mano l’aria col quieto sollevamento del suo livello. Finito d’empiere si copre la bocca A C (46) con una piastra di vetro un po’ colma, e questa con vescica legata forte con spago incerato sotto la rivolta della stessa bocca. Applicate poi le palme delle mani di qua e di là per di sotto alla palla, si solleva tanto, che levato il guancialetto di sotto alla bocca B, beva nell’argentovivo. Allora sciolto il cappio della legatura l’argento medesimo opera sì col suo peso che finisce d’aprirla, per lo che liberamente uscendo vien fatto il voto.
      Quando poi s’abbiano a metter nella palla di quelle cose che non possono ricoprirsi d’argento, o perché per esso non si spargano, come i liquori che si mettono nel vasetto (47) A, o perché non v’affoghin dentro, come sarebbono gli animali, sogliamo lasciar tant’aria nel collo A D quanta serve al vasetto o all’animale che vi si vuol rinchiudere, la qual’aria dopo fatto il voto dilatandosi nel vano di sì gran palla divien sì rara, che per così dire è come s’ella non vi fosse, non impedendo in verun conto, mercé della sua estrema sottigliezza, alcuno di quegli effetti che si desidera d’osservare.


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Saggi di naturali esperienze fatte nell'Accademia del Serenissimo Principe Leopoldo di Toscana e descritte dal Segretario di essa Accademia Lorenzo Magalotti
di Lorenzo Magalotti
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