La sua vescica dopo morto a vederla era gonfia come suol’esser naturalmente, ma assai men dura a comprimprsi che non son quelle degli altri pesci.
Una vescica d’un altro pesce assai grosso serrata così gonfia com’ella ne fu cavata, nel farsi il voto non fece mutazione alcuna. S’aperse imperciò il vaso, stimandosi che nient’altro potesse ritrarsi da tal’esperienza, se non che la tunica la qual veste internamente la suddetta vescica fosse d’un panno sì forte, che la forza dell’aria la qual vi si ritrova naturalmente non fosse da tanto a squarciarlo. Ma l’aria di fuori non fu prima entrata, che la vescica rimase sgonfia né più né meno in quella stessa maniera ch’ella si ritrova ne’ pesci fatti morir nel voto. (57) Manifesto segnale, che la maggior parte dell’aria della vescichetta o aprendo o stracciando l’animella d’alcuno invisibil meato se n’era uscita, mentre ogni minima quantità che ve ne rimanga, col ricrescer ch’ella fa nel voto, serve a mantener sufficientemente gonfia la vescichetta allo stesso segno di prima, come in quella del Roberval si vede accadere.
Per veder poi in che modo l’aria uscisse da queste vesciche, se per alcuno meato fattovi dalla natura o apertovi dalla propria forza dell’aria, (58) si cavò un’altra vescica da un altro pesce con ogni possibil diligenza, l’estremità della quale si legarono strettamente con fili di seta, immaginando che se meato vi fosse in una di quelle potesse essere; questa messa nel voto rimase gonfia siccome l’altra rimasa era, ma sopravvenendo l’aria di fuori la fece sgonfiar nello stesso modo; onde per ritrovar la via che l’aria di dentro s’era aperta per poterne uscire, si fece in essa un picciol foro, tanto che vi si potesse insinuare l’orifizio d’un cannellino di cristallo, il qual messovi, se gli legarono sopra i dintorni del foro fatto, e lasciate le due stremità senza sciorre, si dette il fiato pel cannellino.
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Manifesto Roberval
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