E tanto meno arrivavano a potersene dar pace quanti e’ vedevano quel voto che sempre si ritrovò nel mezzo della palla dell’acqua congelata: onde parea necessario il dire che tutta l’acqua, che fluida era bastante a riempier la palla, agghiacciata si ristrignesse in tanto minor luogo quant’era il voto sud- detto. Fatti per tanto accorti da tal manifesta disconvenienza dovervi essere alcuna fallacia, si posero ad osservare con esattissima diligenza tutto il progresso di questo agghiacciamento. Per lo che cavando a ogni poco la palla di sotto ’l ghiaccio, e attentamente riguardandola in ogni parte s’accorsero d’un certo insensibil bollore che di quando in quando appariva d’intorno alla vite del mezzo, indizio manifesto che l’acqua (tanta era la forza della rarefazione) trapelava per le spire di essa. Incerate per tanto le suddette spire, si tornò a riempier la palla, (63) e posta di nuovo nel ghiaccio, ancorché spessisime volte se ne cavasse, non si vedeva più quel bollimento, né s’udiva fischiare come l’altra volta avea fatto; è ben vero che quando si cavò fuori dopo seguito l’agghiacciamento era aperta, avendo l’energia del freddo nel rarefare scavalcato d’insieme le viti, come può vedersi nella figura (64) Replicata l’esperienza più volte mostrò sempre il medesimo effetto, e rifatta in un’altra palla di bronzo con vite più lunga il doppio di quella d’argento fece sempre il medesimo giuoco.
QUARTA ESPERIENZA
Per isfuggire le difficultà che portano seco le viti, facemmo fare alcune palle di cristallo (65, 66) grosse un mezzo dito, e queste ripiene d’acqua e sigillate alla fiamma ponemmo ad agghiacciare.
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Replicata
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