Ora volendo noi cominciare a vedere se tali alterazioni ritenesser tra loro alcuna spezie d’analogia, cominciammo a replicare agghiacciamenti, e appena strutto un ghiaccio, di bel nuovo rimettevamo ad agghiacciare, e l’acqua tornava ad agghiacciarsi con la medesima serie di alterazioni; le quali perocché non ritornavano da una volta a un’altra ne’ medesimi punti o gradi del collo, cominciavamo a credere ch’elle non avessero periodo fermo e stabile, come parea che ci persuadesse un certo barlume di ragione ch’elle dovessero avere. Accadde intanto nel replicare quest’esperienze, che essendosi una volta disavvedutamente lasciato agghiacciar l’acqua della palla vicino al collo, secondo quello che s’è detto nella quarta esperienza degli agghiacciamenti, la palla si roppe; (72) onde rifattasene un’altra più piccola, acciocché il freddo più presto e più agevolmente s’insinuasse per tutta l’acqua, e cresciutole il collo fino in due braccia perché non avesse a traboccare,[10] s’empie d’acqua fino a cento sessanta gradi, e si pose nel ghiaccio. Quivi dunque osservando con attentissima diligenza, ritrovammo primieramente, che tutti gli accidenti di scemare, di crescere, di quietare, di risalire, di correre, di ritardarsi seguivano sempre ne’ medesimi punti del collo, cioè quando il livello dell’acqua era a’ medesimi gradi, purché nell’atto di metterla nel ghiaccio s’avesse avvertenza ch’ella fosse ridotta a quel medesimo grado ch’ell’era quando si messe nel ghiaccio la volta antecedente, che lo stesso è dire, alla medesima tempera di calore e di freddo; potendosi in tal caso considerar tutto il vaso com’un termometro gelosissimo per la gran capacità della palla e per l’estrema sottigliezza del collo.
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