SECONDA ESPERIENZA
Sia un vaso di vetro (89) come A B, di tenuta intorno a sei libbre d’acqua, e capace nella sua bocca d’una canna di cristallo rinforzata esteriormente con una fasciatura di piombo serratale squisitamente all’intorno per difenderla dallo scoppiare. Empiasi d’acqua il vaso fino al livello C D, ed immersavi la canna E F aperta sotto e sopra, si saldi nella bocca A col solito stucco, avvertendo a fermarvela alquanto sollevata dal fondo F B, onde un liquore che in lei si versi possa liberamente scolar nel vaso. Allora si cominci a mescere argentovivo giù per la canna, per la quale derivando nel vaso, si leverà l’acqua in capo, e sollevandola (poiché l’aria A D ha l’esito per ’l beccuccio C H) empirà interamente il vaso tutto, facendola spillare per l’orifizio H; il qual serrisi allora con la fiamma, notando nell’istesso tempo a qual grado sia pervenuto l’argento col suo livello I K. Infondendosi poi nuovo argento si finisca d’empier la canna; che se l’acqua per cotal forza vorrà comprimersi di man in mano che l’altezza va crescendo, si vedrà sollevare il livello I K, cedendo l’acqua per la compressione. Noi per un carico d’ottanta libbre d’argento distese in braccia quattro di canna (che tanto ne poté portare il nostro strumento senza fiaccarsi) non abbiam veduto acquistare al livello I K dell’argento quant’è un capello, resistendo l’acqua ostinatamente all’energia di quel gran momento.
TERZA ESPERIENZA
Facemmo lavorar di getto una grande ma sottil palla d’argento, (90) e quella ripiena d’acqua raffreddata col ghiaccio serrammo con saldissima vite.
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Infondendosi
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