Questa dottrina, la quale più particolarmente pare che abbia preso piede ne’ tempi moderni, non fu del tutto ignota agli antichi; anzi da molti filosofi di que’ secoli, tra’ quali più apertamente da Platone nel Timeo, viene con ragionevoli fondamenti asserita. E tant’oltre ei s’avanza su ’l verisimile di tal suo concetto, che non solamente vuole che le cose più gravi siano abili a scacciare insù le meno gravi, come fa l’aria il fuoco, ma eziandio le più gravi, come l’acqua sarebbe in agguaglio dell’aria, qualunque volta ella sia alleggerita per mescolamento del caldo. E questo appunto vuol egli insinuare colà nel sopraccitato dialogo del Timeo quand’egli dice, che scappando il fuoco dalle calde interiora della terra, perch’e’ non ha riuscita nel voto, vien urtata l’aria a lui contigua, la quale non solamente non si lascia torre il luogo da lui, anzi lo toglie a quelle moli umide che lo vestono, e via via le pigne e le innalza fin su nella sede del fuoco; e ciò non per altro che per essere (mercé del congiugnimento di esso) temperata di novella leggerezza la natural gravità di quegli umidi. Comunque ciò sia, in confermazione di quest’opinione addurremo qui due sole esperienze, la forza delle quali compensa per avventura la piccolezza del numero.
PRIMA ESPERIENZA
Sia il cilindro di legno A B C (91) la di cui base B C tocchi perfettamente il piano orizzontale D E, e perché l’aria ambiente trapelando tra le due superficie non impedisca la squisitezza del toccamento, sia foderato il cilindro nella sua base d’una piastra di metallo spianata e lustrata bene, ed un’altra simile ne sia impiombata sul piano; dove facendosi arginetti di cera o di creta intorno al cilindro A B C, e dentro di essi versandosi argento vivo si faccia alzare in F, onde rimanga appunto coperto e difeso dall’ingresso dell’aria il giro del toccamento.
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Platone Timeo Timeo
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