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      Vero è che ogn’acqua, in cotal guisa macchiata, per poche gocciole d’aceto forte si rifà bella, perocché dibattuta con esso dileguasi l’appannamento e chiarisce.
      S’alterano le medesim’acque per infusione d’olio di tartaro e d’olio d’anici, i quali vi fanno apparire una nuvoletta bianca or più alta or più bassa, che per agitamento diffondesi per tutta l’acqua. Svanisce questo albeggiamento ancora per piccola dose di spirito di zolfo il quale, facendo subito levare il bollore, riduce l’acqua alla prima natural trasparenza.
      Avvertasi che né meno dagli oli suddetti s’intorbidano indifferentemente tutte le acque, anzi le medesime appunto che l’acque stillate in piombo non alterano, l’olio di tartaro e l’olio d’anici lasciano trasparenti. Quindi è che l’acquarzente, l’acque stillate in vetro e quella del condotto di Pisa non si mutano punto né cangiansi dalla natural limpidezza loro, e trovasi che nell’acque comunemente riputate più dell’altre leggiere, nobili e monde, minore e più alta suol vedersi la nuvoletta che vi s’ingenera, e solo nelle gravi e pesanti e pregne di miniera o di fecce interamente l’ingombra e vela di color di latte. Su questo fondamento v’è chi ha preteso di cimentar le acque con alcuno de’ suddetti liquori, perché s’appalesi la più coperta natura di esse, e sì la bontà o malizia loro si disasconda.
      Se talvolta l’appannamento dell’acqua per qualunque cagione si caricasse forte, onde la dose ordinaria del liquor rischiarante non operasse, se ne può accrescere alcuna gocciola; e nell’infonderlo si vada agitando l’acqua, che si vedrà tornare alla sua limpidezza.


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Saggi di naturali esperienze fatte nell'Accademia del Serenissimo Principe Leopoldo di Toscana e descritte dal Segretario di essa Accademia Lorenzo Magalotti
di Lorenzo Magalotti
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