Osservata poi la caduta perpendicolare d’altre palle uguali dalla suddetta altezza di braccia cinquanta, si trovò farsi in numero quattro delle medesime vibrazioni.
SECONDA ESPERIENZA
Con colubrinetta da quattordici libbre di palla similmente di ferro e libbre dieci di polvere fina, le palle fasciate arrivaron su l’acqua in cinque delle suddette vibrazioni, e le ignude in cinque e mezzo, e parve che dessero alquanto più lontano delle fasciate.
TERZA ESPERIENZA
Scrive il Galileo in proposito de’ proietti queste precise parole. Sparisi da un’altezza di cento o più braccia un archibuso con palla di piombo, all’ingiù perpendicolarmente sopra un pavimento di pietra; e col medesimo si tiri in una simil pietra in distanza d’un braccio o due, e veggasi poi qual delle due palle si trovi essere più ammaccata: imperocché se la palla venuta da alto si troverà meno schiacciata dell’altra, sarà segno che l’aria le averà impedità o diminuita la velocità conferitale dal fuoco nel principio del moto; e che per conseguenza una tanta velocità non le permetterebbe l’aria che ella guadagnasse giammai venendo da quantosivoglia sublime altezza. Che quando la velocità impressa dal fuoco alla palla non eccedesse quella che per sé stessa naturalmente scendendo potesse acquistare, la botta all’ingiù doverebbe piuttosto esser più valida che meno. Io non ho fatto quest’esperienza (soggiunse il medesimo Galileo), ma inclino a credere che una palla d’archibuso o d’artiglieria cadendo da un’altezza quanto si voglia grande, non farà quella percossa ch’ella fa sparata in una muraglia in lontananza di poche braccia: cioè di così poche, che il breve sdrucito o vogliamo dire scissura da farsi nell’aria non basti a levar l’eccesso della furia soprannaturale impressale dal fuoco.
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Galileo Galileo
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