SECONDA ESPERIENZA
La luce rifratta dalla lente cristallina, o riflessa dallo specchio ustorio, non vale ad infiammar l’acquarzente benché resa opaca con qualche tintura. Del resto tra le materie accendibili la polvere d’archibuso si leva in fiamma all’unione de’ raggi della lente o dello specchio, ma la pastiglia, il balsamo bianco, la storace e l’incenso si liquafanno ma non s’accendono. Parimente la carta e la tela d’Olanda bianchissima, avvegnaché distese s’espongano al riverbero d’un grande specchio ardente, finalmente s’accendono. Non è per tanto vero che la luce non infiammi le cose bianche e candide com’è trita opinione; vero è che con maggior difficoltà dell’altre cose colorate ricevono il fuoco, e forse con un piccolo specchio e una lente non s’arriva ad accenderle.
TERZA ESPERIENZA
Oltre alla pietra da fuoco vi sono alcuni corpi de’ quali par che si faccia maggior conserva di luce, imperocché a batterli insieme e a romperli al buio ne disfavillano. Tali sono il zucchero candito, il zucchero in pane ed il sal gemma lapillato, i quali pesti nel mortaio mandano fuori in tanta copia la luce, che s’arriva a scorger distintamente i lati di esso mortaio e la forma del pestello. Non c’è già riuscito di veder questa medesima apparenza a pestare il sal comune in pietra, l’allume e il sal nitro, come né meno a pestar i coralli, l’ambra gialla e la nera, i granati e la marcasita: ma e ’l cristal di monte e l’agate e’ diaspri orientali o percossi insieme od infranti danno un lume chiarissimo.
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Olanda
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