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      In tutto, cinque; cioè il medico-condotto - o sciô magnifico -, una volta mio condiscepolo alle scuole del ginnasio; due cacciatori genovesi, soliti venir ogni anno a scorazzare su per le pendici dei nostri monti, ch'eglino conoscevano a occhi chiusi, e - quinto della comitiva - un certo Antonio Pelacane, specie di guida locale e portatore di provvigioni, tutto nelle buone grazie del dottore, che a ragione l'aveva creduto necessario in quella partita da caccia. Infatti, Pelacane, oltre che pratico dei luoghi e forte di corpo, era un bonaccione provato, servizievole e atto a qualsiasi lavoro; all'opposto, possedeva una fantasia così pronta e bizzarra, che gli faceva prendere spesso le cose a rovescio, o, come si suol dire, lucciole per lanterne. Quando cominciava a sciorinarne delle sue, bisognava a certi punti crepar dalle risa: un tipo particolare, ma fedele a tutta prova.
      Ho detto ch'eravamo partiti con proponimento deliberato di scovar lepri a frotte, e anche favoriti dal tempo; si sognava uno scempio di quegl'innocenti e paurosi abitatori della landa selvaggia: sarebbe stato un vero disonore il tornarcene a casa con solo pochi capi di selvaggina. I due genovesi in ispecie si tenevan sicuri di una caccia abbondante, e giuravano sarebbe stata come quella della settimana precedente, in cui avean corso per ogni verso le pendici del Finalese. La brezza del Giovo, sempre tagliente, aggranchiva le mani; onde qualche compagno, a scaldare un po’ il sangue, tirava di quando in quando un sorsellino d'acquavite dalla fiaschetta, facendola passare agli altri, i quali poi ricambiavano a lor volta.


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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze
1900 pagine 256

   





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