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      - rispose recandosi la manca sul cuore.
      A dir vero, nessuno si fece pregare. Era un maciullare a due palmenti, ugualmente rumoroso per i cani, che addentavano, stritolandole, le ossa spolpate, e pigliavano a volo, dimenando le code, i bocconi di pane.
      Mentre mangiavo, io non cessava di dar qualche occhiata al pastore, spinto da una curiosità che non mi sapevo spiegare. Ei masticava silenzioso e raccolto, e per quanto l'insolito cibo gli dovesse far gola, pareva mandarlo giù male, e come forzato. Sulla sua fronte rugosa credevo di scorgere una preoccupazione dissimulata, un'irrequietezza sospettosa, inesplicabile in quella compagnia allegra e spensierata. Però, nesssun ne fece caso.
      In breve, le poche bottiglie furono messe melanconicamente in disparte, e l'ultima prese a fare il giro col solito bicchiere di cuoio, fra uno schioccar di motti e di frizzi all'indirizzo del povero Pelacane, che in quel duello di lingua dava prova di coraggio e valore. Solo Ginepro, dopo che ebbe mangiato la sua porzione, annaffiandola con alcuni sorsi di vino, continuava silenzioso e impassibile.
      Gran burlone in quella sbrigliata allegria, il dottore ricordò che, il vino essendo per mancare, bisognava ricorrere alle fiaschette; però, l'acquavite avrebbe rifocillato ugualmente gli stomachi capaci, meglio anzi del Madera e del Marsala, se ce ne fosse stato; e aggiunse:
      - Animo, chè al ritorno potremmo imbatterci nel diavolo in persona.
      Gli si rispose con battimani; ma Pelacane imperterrito:
      - Poichè lei, sor magnifico, non vuol saperne della mia storia, le affermo sul mio onore che è vera come la passione di Cristo.


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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze
1900 pagine 256

   





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