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      Sul Giovo si addensavano, l'uno sull'altro, nuvoloni grossi, simili a grandi castelli, e la luna saliva or limpida e or velata. Lungo la valle si stendeva una nebbia bianca, simile a lenzuolo trasparente, e su per l'erta la brezza cacciava folate di vapor cenerino: di lontano, veniva un frastuono fastidioso, prolungato, che parea rumor di acque straripanti. Io feci alcuni passi innanzi, mi posi ad ascoltare attentamente, e non udii più nulla.
      A un tratto, un calpestìo distinto mi fece credere al ritorno di Sansone. «Fosse vero!» dissi fra me. E, senza riflettere all'ora, lo credetti. - Sansone?... chiamai - Sansone?... - ripetei con voce sicura.
      Ginepro tacque. Pallido e abbattuto, volse lo sguardo attorno, come per leggere sui nostri volti l'effetto della sua narrazione; vedendoci immobili e attenti, riprese:
      - Mi ero ingannato. Ritrattomi sull'uscio, stetti spiando l'arrivo del figlio; ero certo di risentire quel calpestìo: «Se non è Sansone, sarà qualcun altro,» pensavo. Nel guardar fisso in quella mezza oscurità - Dio, mi sento ancora agghiacciare! -, ecco levarsi al mio cospetto un'ombra femminile col viso velato. Credendo di aver le traveggole, mi fregai bene gli occhi, dandomi di nuovo a osservare fissamente, intensamente. L'ombra se ne stava immobile, e pareva aspettarmi. Sembra un sogno, non è vero? Par cosa da ridere: già è sempre così, quando si tratta di fatti straordinari; sempre così per chi non ci si trova. In tali casi, diffidare è naturale, e il negar costa poco.


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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze
1900 pagine 256

   





Giovo Sansone Sansone