- Quel che ci vuole.
L'altro gliene fece subito trangugiare un sorsellino.
Gli occhi del morente si rianimarono subito a guisa del lucignolo della lampada all'ultima goccia d'olio.
- Come ti senti, ora?
Trasse un lungo sospiro.
- O Gemisto, com'è andata? È stata una disgrazia, nevvero? Sei caduto di lassù?
Il paziente chiuse gli occhi e due grosse lagrime vennero giù per il viso.
S'era tutti commossi, e serio serio il dottore. Testabianca si nascondeva il capo fra le mani.
Sansone volse un'occhiata al balzo quasi a misurarne l'altezza; e il dottore leggendo il pensiero di lui, sciamò:
- L'è chiara! - e raccomandò gli si sollevasse il capo perchè respirasse con minor disagio; poi volse intorno lo sguardo come per leggere i nostri pensieri.
La commozione era dipinta sui volti. Ci fu un momento di silenzio....
Intanto il cielo s'era rischiarato del tutto, le nuvole scomparse dovunque, e anche la nebbia svanita; la natura parea mandare un cantico d'amore, che accresceva il turbamento e la commozione degli animi nostri.
Il disgraziato teneva sempre gli occhi chiusi, mentre Sansone continuava a reggergli il capo con amore fraterno.
- Gemisto? - gli mormorò sottovoce.
Il poveretto aprì gli occhi, e sorrise lievemente; poi, volto alla pastorella, le disse con fil di voce:
- Mi perdonate, Rosalba?... Muoio.... Perdono!...
Simile a statua di cera, essa volse due occhi lampeggianti al marito, e rispose:
- Sì, sì, Gemisto, vi perdono....
- È.... stata.... una disgrazia, - sospirò affannosamente.
Una commozione estrema aveva preso tutti, io mi sentiva un nodo alla gola.
| |
La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze 1900
pagine 256 |
|
|
Gemisto Sansone Rosalba Gemisto
|