Il tempio era così gremito di popolo, che dalle porte spalancate la moltitudine si riversava di fuori. Mi spinsi avanti e, tra gomitate e buone parole, riuscii a entrare.
La commozione era su’ volti, gli occhi dei più velati di lagrime. A mezzo della grande navata, sopra due cavalletti, sorgeva un feretro coperto da un drappo nero, segnato per lungo e per largo da una gran croce d'argento; intorno intorno una siepe di fiori con ampie corone, delle quali una bellissima di gigli sul davanti.
Io pure mi sentii commosso; fattomi animo, domandai sommessamente al vicino:
- Chi è morto?
- Anna - mi rispose meravigliato -, la figlia di Marta vedova.
- Un così gran funerale?
- Era il sole della nostra valle.
Un altro che intese:
- Pareva un angelo del Paradiso.
E una vecchia lacrimosa:
- Nessuna fanciulla fu mai più buona di lei: pregherà per noi.
Col cuore piccino arrischiai:
- Qual male l'ha uccisa?
- Zitto! - fecero gli astanti.
Il prete scendeva a benedire il cadavere.
Uscito, appresi una storia breve e pietosa.
L'anno avanti, nella gran piena del fiume, che avea recato tanti guasti al paesello, un povero padre di famiglia con otto figli, scivolando sventuratamente dall'argine, venne trascinato dalla corrente e sospinto all'opposta sponda, dove gli era riuscito afferrarsi quasi per miracolo. A salvarlo occorreva un vero atto di temerità. «Coraggio! coraggio!» - gridavan gli astanti; ma nessuno si muoveva. Si ode un tonfo. - Ch'è stato? - Il giovane Giorgio, forte come un Ercole e bello come un Adone, nuotatore espertissimo, fendeva la corrente.
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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze 1900
pagine 256 |
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Marta Paradiso Giorgio Ercole Adone
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