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Ripigliando io la salita, tornavo a riconciliarmi coi pensieri di prima. Il sorriso del cielo, la brezza viva e carezzevole del Giovo, il silenzio del deserto, le linee spiccate delle montagne, la distesa cerulea del mare, il quadro svariato dell'ampia vallèa, tutto ridestava i ricordi fervidi e religiosi dell'anima stanca, anela di fede e di pace. Su, dunque, in alto; su fra gl'ideali d'un tempo lontano, nell'oblio giocondo delle intime gioie, beatamente perduto nei fulgori della luce immortale.
In alto!
Ed eccomi sul piano del San Pietro, presso la rovina dell'antico monastero, già asilo solitario dei Benedettini, del quale resta solo in piedi una piccola parte, e intiera l'umile chiesuola, a cui le vecchie cronache dànno pomposamente il titolo di basilica.
Un rozzo oratorio del deserto; nient'altro!
Essa volge la faccia al Giovo aspro e selvaggio, il quale a’ mo’ d'ampia cortina sembra proteggere la scesa ardua della valle; e il dorso al mare. Intorno intorno, la spianata declina lievemente formando un ampio prato, alla cui sponda si leva, piantata nel terreno, una croce colossale, che si vede a occhio nudo non solo dal borgo sottostante, ma dalla riva mediterranea. Ivi il panorama è bellissimo.
Ma qual'illusione è la mia?
Dalle sottostanti volte e risvolte del poggio sassoso giungono voci argentine di fanciulle, come nella prima domenica del maggio, ogni anno, quando a capo della processione delle cappe bianche, portando il crocifisso, cantano, scalze e festose, la famosa anacreontica o lauda locale, ingenua e gonfia apologia della vecchia tradizione apostolica in Liguria.
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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze 1900
pagine 256 |
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Giovo San Pietro Benedettini Giovo Liguria
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