Lontano, fra lo sfondo incensurabile del quadro, in un colore incerto di zaffiro orientale, si adagia la nobile Spagna, il paese della cortesia, dei cavalieri, delle armi e degli amori....
L'aria accarezza il viso, la natura riposa, e sul capo, azzurrissima e trasparente, si stende la volta infinita del gran tempio di Dio.
Di dietro a me le vette dei monti son tinte di luce rossastra, i fianchi di Rocca Barbena colorati di porpora, e l'occhio divaga nella squallida pendice fra Monte San Pietro e il pian de’ Fratelli.
Ed ecco ridestarsi alla mente i ricordi d'un passato lontano, e prender forma e colore la storia o leggenda di Scarparone. Lo ricordate voi ancora il Buranco! Parola sempre trista e fatale. Laggiù mi par di scernere tuttavia il pecorile di Cà da Fontana; dove, quel mattino lontano, il vecchio Ginepro narrava ai cacciatori di Bardineto il brutto suo incontro col diavolo, il quale da Toirano saliva a scaraventar nella voragine i cadaveri dei morti in disgrazia di Dio. Indi, per associazione d'idee, pensai alla disgrazia terribile di Rosalba, al suo miracoloso salvamento, provando una grande pietà per la fine miseranda di Gemisto, da lui stesso voluta su questa medesima vetta per guarire del male d'amore. E mi parve d'udir un'altra volta la voce di Pelacane, e le sue sciocche e paurose esclamazioni: buon Dio, tutta gente ormai scomparsa nell'altro mondo, Scarparone compreso. Povero Scarparone!
A un tratto, spingendo lo sguardo lungo l'erta sterminata, come parlando fra me, dissi fortemente: «Colaggiù ha da aprirsi il Buranco, causa di tante fiabe e leggende.
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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze 1900
pagine 256 |
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