Mi giunsero sommessamente queste parole:
«.... Santa Maria, madre di Dio, pregate per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte. Così sia!»
Si fece il segno della croce e, alzatasi, mi venne incontro, dicendo con confidenza:
- Come mai lei quì solo a quest'ora?
- È stato uno svago: passar la giornata su per i monti con un po’ di provvisione - e mostrai il carniere. - Salito lentamente al San Pietro, volli poi toccare questa vetta: ma come mi conosci tu?
- L'ho visto più volte in paese: son la moglie di Giacinto Bellocchio.
- Quei che tornò l'anno scorso da fare il soldato?
- Lo stesso.
- Me ne rallegro! Ma e anche tu come qui?
I pastori, stanno ai monti.
- Di certo; e l'armento?
Ella accennò con la mano all'ingiù, a destra della pendice.
- Oh! E il tuo nome?
- Mi chiaman tutti Rosa della montagna.
- Bello davvero! Anche tuo marito ti chiama così?
- No; ei mi dice la sua Rosa.
- Ha da esser lieto di così bel fiore. Ma tu non sei delle mie parti.
- Vengo dalla Briga, il paese dei pastori.
- E dove conoscesti Giacinto?
- A Toirano nello svernare. I suoi erano amici de’ miei....
- Capisco! - sclamai pensieroso - anche Ginepro era della Briga, e accennavo laggiù.... Sono tanti anni!
- Ginepro? Era il nonno di mia madre.
- Che sento!
- Sicuro; mia madre era figlia di Rosalba, che precipitò nel Buranco.
Rimasi senza parola.
- Non lo crede? Non ne ha sentito parlare?
- Testabianca, la moglie di Sansone?
- Appunto i miei nonni. Lei dunque sa della disgrazia, dello spavento, dei capelli incanutiti?...
La guardavo stupito; ed essa:
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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze 1900
pagine 256 |
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