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      «Questa adunque - tenetela bene a mente - è l'antica storiella dell'araba Fenice:
     
      Che vi sia, ciascun lo dice;
      Dove sia, nessun lo sa.
     
      «Proprio così; il che è facile a comprendersi, quando si rifletta che i preti in quel tempo - cinquanta o cinquantacinque anni fa, all'incirca -, i preti, dico, non incontravano molti ostacoli nel diffondere tra le deboli menti del volgo storie e storielle di tal genere a scapito massimamente di coloro che, volendo vivere come credessero meglio, avevano anche il ticchio o il coraggio di crepare a guisa di animali bipedi e implumi. Quistione di gusto, nella quale veruno ha diritto d'entrare. Per la qual cosa, dopo un cumulo di fandonie più o meno strane, venne fuori la notizia del trasporto del cadavere, abbellita con fronzoli e frangie d'ogni maniera, senza che alcun sennato e dabbene se ne prendesse mai serio pensiero. Alla qual condizione di cose dovete aggiungere la facilità di mettere esca al fuoco da gente, che par nata a posta per lo scandalo e i pettegolezzi - increduli, fannulloni, maligni, burloni e simili -, amanti di godere e ridere alle spalle altrui, e quanti insomma vivono senza saperne il perchè; e avrete allora la spiegazione del formarsi e divulgarsi della leggenda, la quale trovò per tal modo facile ordito alla tela, servendosi delle tante e paurose dicerie sul famoso Buranco.
      «Bastava, del resto, a quei giorni, che un poveraccio avesse il vizio di alzar sovente il gomito, facendosi poi veder per le vie come un ilota, o che troppo palesemente corresse dietro alle donne, o attaccasse moccoli più del necessario, bastava, ripeto, questo ed altro, perchè venisse riputato indegno di appartenere al greggie dei fedeli e fosse colpito di ostracismo dalla società cattolica.


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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze
1900 pagine 256

   





Fenice Buranco