... La donna lentamente, con la cesta in capo e la torcia nella destra, che rischiara il sentiero, continua la salita recitando sempre il rosario; quando giunse sotto la vetta, poco distante dalla croce colossale che si leva sullo spiazzo pratile, spuntavano i primissimi albori del mattino. Ed ecco un grido acutissimo rompe il silenzio profondo, ripercuotendosi giù fra le gole della montagna. Ch'è avvenuto?
Poco stante, accortasi che la fiamma della torcia si veniva estinguendo, la scosse e fece per smoccolarla.... Dio, che vide ella mai! La poverina, accortasi di tener nella mano un lungo ed arido stinco, era stramazzata al suolo!
Il parroco, sceso a quell'ora vicino alla croce per respirare le aure mattutine, a quel grido prese la scesa e trovò l'infelice boccheggiante presso quel resto di morte.
Ho parlato delle apparizioni della notte dei morti; ma giova far cenno di certi usi e costumi tuttavia viventi e di certe credenze.
Il giorno d'Ognissanti, dopo il mezzogiorno, si usa alla parrocchia anticipare il vespro, che si canta nelle domeniche e solennità; e se ne dà il segno al tocco preciso col suono delle campane. La cerimonia incomincia verso le due; terminato il vespro così detto dei vivi, si principia quello dei morti, cioè il canto dell'Uffizio, il solo Mattutino. Il paese intiero accorre alla funzione; non rimangono nelle case che i malati e qualche decrepito. La chiesa presenta allora un aspetto grave e solenne: innumerevoli ceri ardono sull'altare maggiore, e a mezzo della grande navata sorge, ammantato di panno nero, solcato da un'ampia croce bianca di nastro d'argento, un alto catafalco, intorno al quale grosse fiaccole su grandi candellieri mandano lunghe e vivide fiammelle.
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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze 1900
pagine 256 |
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Ognissanti Uffizio Mattutino
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