Il ricordo dei cari perduti, destando la commozione negli astanti, la trasfonde nella fervida e unanime ispirazione dei canti, ravvivata dalle modulazioni elegiache e sonore dell'organo, che si ripercuotono fra i muri e le colonne delle navate. Intanto i fedeli, in ispecie i fanciulli, vanno a gara nell'accendere candele, moccoli, candelotti, cerini in forma di libretti, di cuori, di oggetti graziosi e geniali, in modo da creare un curioso e vago spettacolo di lumicini moventi e vaganti fra le sedie e i banchi. All'Uffizio dei Morti segue il discorso sopra le anime purganti; indi col canto delle Lodi si compie un'altra parte dell'Uffizio, mentre si viene approssimando la sera.
A questo punto la confraternita dei Bianchi muove al camposanto fra preci e salmodie, seguìta dal popolo; là giunti, il parroco pronunzia brevi e commoventi parole sui poveri morti; poi s'intuona il Miserere. Il sacro luogo è gremito di fedeli, ginocchioni e oranti qua e là sulle fosse dei cari estinti, in capo alle quali, o torno torno, vengono pietosamente disposti ceri ardenti; i fanciulli s'aggirano con moccoletti, e pregano, essi pure in ginocchio, sulla nuda terra. Grave e mesta si avvicina la notte, e la processione ripiglia la strada, seguita dalla moltitudine - donne la maggior parte -, che recitano preghiere. Non pochi rimangono però ad orare sulle fosse degli estinti; e intanto che i lumicini, più radi, si vengono via via spegnendo, qualche singhiozzo rompe il riposo delle tombe. Le tenebre ingombrando la valle, nascondono a poco a poco gli oggetti più vicini, la notte si stende, ovunque è solitudine e silenzio.
| |
La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze 1900
pagine 256 |
|
|
Uffizio Morti Lodi Uffizio Bianchi Miserere
|