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      Quindi uno degli antifonarî, che seggono sul banco di mezzo, si mette a leggere cronologicamente e a voce alta il catalogo scritto a mano dei confratelli defunti, mentre a ogni nome ch'ei profferisce, il popolo risponde: Requiem œternam! E questo ricordo affettuoso e pio si dice: «chiamare i morti.» Terminata la lettura, si cantano il Miserere e le Lodi, e la funzione ha fine verso le quattro.
      A questo punto un nuovo suon di campane chiama alla messa solenne in parrocchia i fedeli, i quali vi accorrono dall'oratorio e dalle case; 1'intiera popolazione si trova raccolta in chiesa. Si accendono i ceri, splendono le fiaccole intorno al catafalco, e, come già nella cerimonia del giorno innanzi e in quella dell'oratorio, un'infinità di moccoletti splende fra la moltitudine dei devoti, che vengono recitando il rosario. Principia la messa cantata pei defunti, a cui tengon dietro le litanie, il Miserere e il De Profundis; in fine la benedizione del SS. Sacramento chiude la cerimonia, e la popolazione, sull'albeggiare, torna alle proprie abitazioni.
      In questo momento si apre la questua dei poveri, e - chi con coppi e scodelle, chi con pentole e pentolini, - si vede una moltitudine andare di casa in casa a prendere i morti, cioè il famoso meneströn o zemin, cucinato, come s'è detto, la notte nelle famiglie benestanti.
      Tale costumanza però, al presente, sembra quasi ita in disuso.
     
      - Questa è proprio capitata a me - dicea Maso il mulattiero, la stessa mattina dei morti, in un capannello d'amici, sull'angolo della piazza.


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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze
1900 pagine 256

   





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