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      Era le bizzarrie inventate intorno al Buranco giova riferire quella che si legge nella pietosa storia di Cia di Valcava(23), narrata con brio ed efficacia dall'arguta penna di Gaetano Sangiorgio.
      Cia era una bella e «cara colomba» di Valcava, promessa sposa, dopo qualche vicenda, con Sandro di Porchera, «proprio un bel giovane, aitante, alquanto tarchiato, dal portamento svelto e sciolto andare, la testa incorniciata da una folta capigliatura nera, due baffi pur neri, e sovrattutto due occhi procaci, che lanciavan saette.» Ma se l'amore prometteva un bell'avvenire, il destino aveva stabilito per amendue la più deplorevole fine.
      Sandro, colpito dalla leva, parte soldato; «è un piagnisteo e un crepacuore senza riscontri.» Il giovane corre la sorte delle armi: a Varese è incorporato negli alpini, e l'anno appresso cade malato all'ospedale di Monza. Levato dagli alpini, è mandato bersagliere a Longobuco, e poi s'han nuove che si trovava a Terni. La fanciulla viveva fra il dolore e la speranza, non sognando che il suo amato, non pregando che per lui; allor che, un nefasto giorno di luglio, una terribilissima bufera si rovesciò sulla disgraziata Valcava. «Non si sentiva che lo scroscio della grandine e il rotolar fracassoso dei massi giù per le chine, divenute torrenti; e il guizzo dei lampi e il baleno dei fulmini e il rovinio della tempesta abbagliavano la vista e mozzavano il fiato.» Era venuta la sera e la furia del nubifragio anticipava le tenebre, le quali sorpresero la fanciulla, che tutta frettolosa tornava dal Matto alla sua baita.


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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze
1900 pagine 256

   





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