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      Di certo, sino a questi ultimi tempi, e prima che si attuassero le due ultime e felici esplorazioni, nessuno sarebbe stato in grado di dare una risposta seria o ragionevole alle domande dei curiosi sopra la profondità del temuto abisso. «È vero, dicevano, che se ne vede il fondo a occhio nudo, ma quello non è il punto ultimo del bàratro; i sassi che da secoli vi si vengono gettando, nell'urtare colaggiù, continuano a ruzzolare, quasi lamentevolmente, e vanno a perdersi in un'invisibil buca, dove si spegne ogni rumore o tonfo: è là che si apre l'orribile bocca....» Per tal modo, le dicerie e i fantasticamenti aveano tanto più ragione di mantenersi e trasformarsi, quanto rimanevano men provate ed autentiche le spiegazioni degli oppositori. La nube del mistero avvolgeva sempre il cupo e profondo pozzo; e anche i casi più naturali venivano, sino a questi ultimi tempi, a consolidare il prestigio epico della leggenda.
     
      Sentite quel che scrive il reverendo Bartolommeo Ferrari, rettore degnissimo di Carpe,una borgatella di poc'oltre dugent'anime, che si reggeva a comune, non ha guari, e adesso aggregata al paese di Balestrino.
      «Sul finire del settembre, o su’ primi di ottobre - non ricordo ben la data - del 1879, un Santino Parodi, mio cognato, un Ettore Cadenaccio da Sestri ponente, cugino di lui, ed io, divisammo fare una gita al Monte Calvo per godere della vista di quell'altura. Forniti di buona provvisione e con un canocchiale di lunga portata, partimmo di buon mattino e, giunti al famoso Buranco, si fece sosta, adagiandosi proprio sul margine della profondità, sopra la molle erbetta, a far colazione.


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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze
1900 pagine 256

   





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