«Io me ne stava tuttavia seduto, che già da qualche minuto i due cugini, curiosi e guardinghi, provvedutisi di sassi, guardando per entro il precipizio, un dopo l'altro ve li lanciavano per destar rumore. Ed ecco li sento gridare: «Un cane! un cane!» Sono in piedi, mi accosto anch'io e guardo. Non vidi nulla. Il cane era scomparso internandosi nella parte cava. Gettammo giù pane e carne per allettarlo a venir fuori; ma invano. Indi a poco si prese la via del salire; indugiando, sarebbe forse riapparso. Al ritorno, ripassando presso la voragine, vi demmo dentro una fuggevole occhiata; non si vide più la bestiola, ne’ alcun indizio di essa.
«Non si fece gran caso dell'apparizione; e noi pensammo che il cane vi fosse stato gettato da qualcuno, forse per isbarazzarsene o per crudeltà, come accade talvolta.
«Devo dire che sia stata un'allucinazione di quei due? Non crederei, chè tanto l'uno, quanto l'altro affermarono ripetutamente di averlo veduto; ne dicevano la forma, la qualità, il colore: cane da guardia, grossezza media, color rossiccio con macchie bianche. E il fatto fu oggetto di nuovi discorsi la sera; e anche al presente mio cognato asserisce e ripete vera quell'apparizione, come se vista ieri.
«Il non essersi poi rinvenute ossa di animali nelle esplorazioni fatte di recente, non mi par prova che non vi possano laggiù essere stati animali: è notorio che più volte s'è visto sbucare da quel profondo corvi e altri grossi uccelli carnivori, capaci di asportare resti mortali. Giova anche riflettere al non lieve tempo trascorso, nel volgere del quale i venti, le nevi, le foglie secche e ogni altro frammento di cosa morta possono avere nascosto e sepolto non solo le ossa d'un piccolo animale, ma quelle, sto per dire, d'uno scheletro umano.
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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze 1900
pagine 256 |
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