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      In t'in ôa a ghe son!
     
      - Soltanto?
      - Soltanto.
      - Oh, il brutto impiccio ch'è il tuo! - disse la madre - hai dimenticato le parole: vaggo, vegno, a ghe son, che ci voleano per tornare a casa; ma troverò io il rimedio, troverò; senti bene.
      La guardava senza muover palpebra, con le orecchie tese.
      La fattucchiera gridò:
      - Mio capron, fatti in qua.
      Un lascivo e velloso animale avanzò, sollevando il muso. Essa gli fece una carezza, e disse al giovane:
      - O dolce amore della mia figliuola, coraggio; su in groppa a questo uccellone; ma bada, veh! Se hai cara la vita, sta’ zitto come un pesce, sinchè non sarai arrivato, e soprattutto non proferire mai il nome (e gli parlò all'orecchio) di Gesù e di Maria; ne andrebbe,... hai capito?
      Il giovinotto fece di sì col capo, saltò in groppa e, a un cenno di lei avendo detto: Vaggo, vegno, a ghe son, in un lampo partì.
      Volava come un uccello, come il vento, portato dal diavolo; attraversò fiumi, monti e pianure, e sempre avanzò. Quand'ecco in quella corsa sfrenata, passando vicino alla chiesuola di N. S. di Loreto, gli scappano queste parole:
     
      Bella Madonna dö Lòœtto,
      Che sâti u me fa’ ‘ questo becco!(27)
     
      Detto appena, e tónfete! Il caprone malvagio l'aveva mandato a ruzzolare giù per una ripida e terribile scogliera, ed era scomparso. Tutto lacero e sanguinoso, si trovò in un luogo ampio e deserto, dove non era anima viva, e fuori d'ogni speranza. Com'ei si riavesse; non si sa, ma forse fu per grazia della Madonna. Errò per lungo tempo, provando gli orrori delle intemperie e gli strazi della fame, che riuscì soltanto a calmare mercè le radici di alberi e di poche frutta selvatiche.


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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze
1900 pagine 256

   





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