Esse dànno o precêusciu - il malocchio, il malefizio, il sortilegio - con uno sguardo, una carezza, un pizzicore, e anche per un intimo atto di malignità, un senso vivo di dispetto: a tò, a sò marso despëto. Se la prendono in ispecie coi bambini, che mandano all'altro mondo con la brutta malattia del rospo - mâ baggiêu(28), fanghetto (afte), tanto temuto dalle povere madri. Queste, nella pressa ansiosa, chiamano il cerretano d'occasione, l'uomo pratico, come Gioanin da Costa - Giovannino della Costa -, per esempio, il quale accorre accigliato e sollecito, guarda e tocca il piccino piagnuloso, e tosto gli mette in bocca la punta d'un falcetto (!) - roncora -, proferendo alcune parole misteriose, e, dopo qualche raccomandazione di speranza e di calma, se ne va. Tre giorni dopo il rampollo è guarito, e il sanitario n'ha in ricompensa una lira o un bel canestro d'uova.
Talora il maleficio è più maligno e strano, come nel caso della fanciulla vezzosa con la bellissima capigliatura bionda. La vecchia strega, invidiosa delle treccie di lei, incontrandola sola nella strada, le fa alcune carezze in viso, e il dì appresso la fanciulla è in fin di vita. Si ricorre al medico, si chiama il curato, ma non valgon benedizioni o ricette. E fatta chiamare la strega, che giunge e subito ordina sia recisa la chioma; anzi la recide ella stessa. La madre getta i capelli nel fuoco, che resistono come l'amianto; allora la megera li abbandona all'acque del torrente, e la figlia è guarita.
Le básue veggon di mal occhio che altri s'ingerisca ne’ fatti loro; esse fanno il precêusciu o sortilegio; esse vorrebbero guarirlo.
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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze 1900
pagine 256 |
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Gioanin Costa Costa
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