A ragione; chè questa seconda discesa avrebbe aumentato, anzi raddoppiato le difficoltà della salita. Chè se il primo era riuscito a toccare il fondo in modo relativamente fortunato, come avrebb'egli potuto poi, tanto svigorito, tentare l'uscita, se due, invece di uno, si fossero trovati nel baratro? Il problema della salita diventava naturalmente più arduo e difficile.
Il Vigliano dunque risalì con gran lestezza, e i tre amici si accinsero quindi di buon animo a liberare il Canavese.
Allungata con forte aggiunta la corda, la fecero scorrere al fondo; ivi, il giovane audace, se la passò, legandosi fortemente sotto le ascelle, e poi, diè segno d'esser pronto; e tosto di su cominciarono a tirare. Intanto che saliva, il Canavese si aiutava con le mani per non urtare nella parete ed evitar contusioni.
- Coraggio!
Tiravan con lena e cautela,... quand'eccolo vicino al margine.
- Adagio; aspettate.
L'aiutarono.
Era salvo, ma stremo di forze, cadaverico e come intronato.
Da quanto ho esposto sembra che, pur facendo larga parte a’ calcoli del fortunato esploratore, il Buranco non possa vantare che una modesta profondità, non maggiore cioè di ventisei o ventisette metri, nè tale da suscitar così strani deliri nell'immaginazione popolare.
Pietro Canavese è giovane d'ordinaria statura, sciolto di membra, d'aspetto gentile, di modi garbati, non atto a lavori faticosi, a giudicarne dalle sue stesse fattezze; egli trovasi ora a servizio del marchese Marcello Gropallo in Genova. Col concorso degli amici, e senza la coscienza del pericolo a cui si esponeva, è riuscito a rompere il secolare incantesimo che le più strane favole, sotto il nome collettivo di leggenda, avevano accumulato sul Buranco.
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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze 1900
pagine 256 |
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