- E seguitò:
- Mio nonno era capraro; lo fui anch'io. Mutati i tempi, s'è smesso, come lei sa, e ora col divieto dei pascoli per le nostre piaggie, il mestiere è proprio fallito. Mio nonno, dico, teneva l'armento in quell'ovile laggiù, che le ho mostrato, lasciando la notte a custodia delle capre il bravo suo Fido, un cane capace di tener a posto uno sciame di lupi, che allora non mancavano d'insidiare i nostri branchi, rendendo anche poco sicura la via del Giovo.
Dico allora, perchè adesso non c'è più da temere dei lupi, dei quali pare si sia perduta la razza. Del resto, Fido aveva zanne e forza da insegnare il rispetto persino a un leone; ed essendo armato di un grosso collare con punte di ferro, bisognava pensarci due volte prima di azzuffarsi con lui. Alla sera mio nonno lasciava l'ovile, scendendo a dormire in paese - abitava nella Braida, dove tutto dì stiam noi - accompagnato dal cane, a cui dava un boccone di cena; e poi se ne andava a riposare. La povera bestia a un suo cenno ripigliava la via, e in pochi minuti era di nuovo quassù, dove saltando pel muro del chiuso, giù lesta nella sua cuccia in capo all'armento di guardia.
Or senta che avvenne una notte....
Il Tappo trasse un sospiro fregandosi la fronte con la destra, poi seguitò:
- Una sera, come al solito, Fido mangia la sua cena, poi si accuccia a piè del nonno, che gli fa quattro carezze. Al noto cenno l'animale, tutto festoso, prende la via e in pochi salti è laggiù al suo posto.
Arriva il mattino e il nonno alla sua ora è nella stalla.
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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze 1900
pagine 256 |
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